11. La monofonia italiana

Nell'antica Italia medioevale singole città come Firenze possedevano spesso un ricco ambiente culturale, per cui i repertori musicali erano molteplici. Ma da un vasto repertorio musicale composto da canzoni di menestrelli, improvvisatori, cantanti di corte, flagellanti in processione e confraternite di cantori, ognuno ancora suddiviso da tradizioni regionali di lingua e canto, solo una parte sopravvive in forma scritta. Le ballate monofoniche conservate nei codici di Rossi e Squarcialupi, appartengono in termini di letteratura, nozionistici e nel rappresentare convenzioni, alla sfera dell' italiana Ars Nova. Un repertorio di monofonia italiana con un crescente interesse verso gli esecutori sono le laudi.
I testi di queste canzoni devote sono conservate in più di duecento raccolte giunte fino a noi, ma solamente due di questi "laudarios", più una manciata di frammenti trasmettono annotazioni musicali: complessivamente un repertorio di circa 135 melodie complete. Le laudi erano canti sacri e furono scritti nello stesso tempo in cui furono eseguiti, ma la loro caratteristica più particolare è l'ambiente urbano, mercantile, aristocratico, piuttosto che cortese da cui essi scaturivano. Si conoscono parecchi di questi repertori monofonici, poiché furono curati da confraternite religiose (chiamate laudesi e disciplinati) nelle antiche città mercantili della Toscana e Umbria medioevali. Gli appartenenti a queste confraternite erano principalmente artigiani e mercanti che mantenevano le documentazioni sulle laudi. Le confraternite erano organizzate principalmente dagli ordini Mendicanti come i Francescani e i Domenicani. La loro intenzione era di allontanare i laici dalle eresie diffuse nelle città, con un coinvolgimento più attivo quale la partecipazione a processioni, rituali e flagellazioni, alla cura dei cittadini malati e poveri e il canto delle laudi. Molti laudi portano i segni delle preghiere anti-eretiche dei frati, ma più tipicamente sono pieni di un linguaggio destinato a stimolare, in chi ascoltava, estremi stati di gloria o penitenza.
I cittadini dell'Italia medioevale si recavano in gran numero a sentire questi frati predicatori e le recitazioni delle loro laude erano spesso una sorta di sermone cantato. Infatti a coloro che cantavano ed ascoltavano le laudi erano concesse indulgenze papali e vescovili.

I manoscritti:
il repertorio della lauda si distinse dalla applicazione penetrante del poetico schema della ballata. Originalmente la chiara forma della ballata laica, una canzone con un ritornello corale, fu adattata ai testi sacri durante la fine del XIII secolo. Venne in seguito conservata nel repertorio della lauda alla fine del XIV secolo, quando cominciò ad essere spostata da un nuovo ordine di forme poetiche collegate ad un emergente esercizio polifonico. La melodia e il testo sottolineavano che la strofa iniziale richiedeva minori alterazioni per impostare le strofe seguenti, ma questi venivano creati oralmente, la melodia era infatti connessa alla memoria e perciò né questa né nessuna altra forma scritta potevano probabilmente essere considerate definitive. Frequenti irregolarità e peculiarità nell'ortografia, specialmente nel manoscritto di Cortona, rivelano come il repertorio sia in una fase transitoria tra l' orale a lo scritto e emerga un volgare che sta per diventare un linguaggio letterario definitivo. Fin dal dialetto toscano dei manoscritti di Firenze vennero formate le basi della pronuncia italiana moderna. Questi testi presentavano regolarmente pochi problemi di pronuncia, mentre più anomali all'occhio moderno, risultano i testi umbri del manoscritto di Cortona.

Autori vari delle laude italiane:
Giovanni Piero e Jacopo: Hanno gareggiato nella stesura dello stesso poema. In un'imitazione del senhal dei trobadori, i loro pezzi contengono spesso il nome ‘Anna' e alcuni altri nomi. In particolare, nel ritornello del brano "Un bel perlato" di Jacopo, l'identità di Anna e le ragioni per le quali fa riferimento sono ancora un mistero.
Landini (alias Franciscus de Organi): è famoso per essere stato incoronato con la ghirlanda della laurea dal re Pietro di Cipro a Venezia, con la raccomandazione di una giuria che includeva anche Petrarca. Lavorò come cappellano a S.Lorenzo dove fu sepellito nel 1397. Landini, cieco fino dall'infanzia, era conosciuto non solo per le sue doti di suonatore d'organo, ma anche per le sue conoscenze in disegno. Assistì alla costruzione dell'organo di S.Reperata e Ss.Annunziata.

Paolo Tenorista: servì come sostituto abate nel monastero di S.Martino al Pinonella diocesi di Arezzo dal 1401 al 1428 e come rettore di una piccola chiesa Fiorentina conosciuta come Orbatelo. Ha giocato un ruolo decisivo nella raccolta di brani della più grande delle antologie della musica del Trecento , ovvero il Codice Squarcialupi.

Andrea de Servi : può essere definito una figura importante, dal 1380 al 1397, perché detenne il titolo di priore al monastero di Ss.Annunziata di Firenze. Fu conosciuto anche per aver collaborato con Landini nella supervisione della costruzione dell'organo di Ss.Annunziata, del Duomo e per averne realizzata una parte.

Iacopone da Todi: non si sa con sicurezza se abbia composto qualche lauda. Nacque a Todi intorno al 1236 e fino alla morte della moglie condusse una vita mondana e svolse atività di procuratore. Nel 1278, 10 anni dopo la morte della moglie, si convertì all'ordine francescano, opponendosi a Bonifacio VIII. Questa opposizione al papa gli costò la scomunica e un periodo di prigionia fino al 1303, anno della morte di Bonifacio VIII.
Tre anni dopo, Iacopone morì in un convento presso Todi. La produzione in volgare di Iacopone è legata alla lauda, genere che si avvicina al testo. Scrisse 92 componimenti, la maggior parte dei quali contenenti un forte tono polemico.