BREVE STORIA DEL MONACHESIMO IN ITALIA

Dalle origini al XIV secolo
Il monachesimo affonda le sue radici nelle lontane terre d'Egitto e di Palestina, dove nel IV secolo nacquero i primi grandi insediamenti monastici seguendo gli insegnamenti delle Regole redatte da San Pacomio e San Basilio.
La visita di insigni maestri come Sant'Atanasio e San Girolamo nella nostra penisola, dove peraltro esistevano già alcune forme di vita ascetica, determinò il diffondersi di una coscienza monastica più definita che trovò la sua massima sintetizzazione nella Regola di San Benedetto da Norcia (480-547). In essa vengono enunciati i concetti ed i principi che stanno alla base della creazione di una comunità autonoma composta da monaci al cui vertice è l'Abate, figura prestigiosa dispensatrice dell'insegnamento di Cristo: il modello monastico proposto dalla Regola si diffuse in poco tempo in tutta Europa segnando l'inizio del monachesimo occidentale.
L' invasione longobarda del 568 fu portatrice di distruzione alla quale andarono soggette moltissime fondazioni monastiche, tra cui anche Montecassino (577), monastero storico fondato dallo stesso San Benedetto. La lenta opera di conversione dei dominatori germanici, iniziata nel VII secolo da San Colombano, fondatore del monastero di Bobbio in Liguria, dette origine ad un fenomeno di rinascita che vide gli stessi sovrani e signori longobardi promuovere nuove fondazioni monastiche e ricostruire quelle distrutte, prodigandosi in donazioni e concessioni e instaurando una sorta di simbiosi tra spirito religioso e potere politico-economico destinata a segnare profondamente la storia dell'alto Medioevo: risorse così il prestigioso monastero di Montecassino (717), dove divenne monaco il re longobardo Rachi, e si deve a tale fenomeno la nascita di potentissimi centri monastici, tra cui quello di Farfa in Sabina, i cui domini territoriali si espandevano nel Lazio e nelle Marche.
La rinascita culturale dell'epoca carolingia, alla quale i monasteri parteciparono intensificando la preziosa attività amanuense (di vitale importanza per la conservazione degli antichi scritti), fu seguita da un periodo di decadenza delle istituzioni religiose, sempre più caratterizzate da una forte compenetrazione con il sistema feudale. La fondazione dell'Abbazia di Cluny in Francia (910) segnò l'inizio della riforma del monachesimo europeo, poiché dette vita ad un modello di organismo religioso accentrato e unitario che ben presto venne adottato da numerosi monasteri. L'XI secolo fu contraddistinto dal risorgere di alcuni aspetti del paleomonachesimo del deserto e dal rilancio della vita eremitica contrapposta a quella cenobitica, considerata ormai troppo compromessa e distante dagli insegnamenti del padre fondatore: la povertà, il lavoro manuale, la solitudine e il radicalismo evangelico furono gli elementi su cui si basò la fondazione di nuovi ordini monastici riformati in tutto l'occidente.
In questo contesto si inserisce l'esperienza eremitica di San Romualdo (952-1027): dopo un periodo di permanenza nel monastero di Sant'Apollinare in Classe (Ravenna) egli iniziò una lunga serie di peregrinazioni dedicandosi alla predicazione itinerante e fondando eremi ovunque i luoghi naturali permettessero la conduzione di una vita solitaria e penitente. Mentre dall'Eremo di Camaldoli si diffondeva la concezione monastica romualdina basata sullo stretto rapporto tra eremo e cenobio, altre correnti eremitiche presenti nella penisola davano vita ad imporanti fondazioni, quali l'Abbazia di Grottaferrata e quella di Vallombrosa. Ma il movimento riformatore destinato a cambiare le sorti del monachesimo occidentale nacque a cavallo dei secoli XI-XII con la fondazione in Francia del Monastero di Cîteaux (1098) ad opera di San Roberto di Molesme, cui grande impulso dette nel 1112 San Bernardo: il nuovo ordinamento cistercense si basava sul ritorno alla "puritas regolae" originaria, scevra delle numerose aggiunte che nel corso dei secoli avevano appesantito i semplici dettami della Regola di San Benedetto e che, specie in materia rituale, furono operate dall'Ordine di Cluny.
Nel giro di pochi decenni tale riforma trovò consensi in tutta Europa e in Italia lo stesso San Bernardo fondò l'importante Abbazia di Chiaravalle a Milano, centro irradiatore del monachesimo cistercense nella penisola, dal quale dipesero numerose fondazioni, tra cui l'Abbazia di Chiaravalle di Fiastra di Tolentino. All'importante opera di organizzazione e di bonifica del territorio in campo agricolo si affiancò il diffondersi di un definito stile architettonico basato sui concetti di austerità ed essenzialità delle forme.
Con il declino del sistema feudale e il sorgere dei primi comuni si evidenziarono una serie di fattori esprimenti il grave disagio dell'antico mondo monastico: l'esiguità numerica dei monaci, la decadenza disciplinare e l'isolamento contribuirono ad uno sfaldamento delle istituzioni monastiche e le abbazie con i loro possedimenti divennero preda degli ambiziosi signori locali e dei comuni, ai quali in molti casi furono assoggettate. Nonostante ciò il XIII secolo vide nascere, accanto ai primi Ordini mendicanti (Francescani e Domenicani), nuovi movimenti monastici locali, come quello fondato da San Silvestro, diffusosi principalmente nelle Marche, e l'Ordine dei Celestini, legato alla figura di Papa Celestino V.
Con l'avvento dell'istituzione della commenda il mondo monastico subì un tracollo generale: essa prevedeva l'affidamento delle abbazie e dei loro possedimenti ad un Superiore estraneo (abate commendatario) con l'intento prioritario di porre fine ai contrasti interni ai vari monasteri e alle difficoltà con l'ambiente esterno. In alcuni casi tale procedura sortì gli effetti sperati, ma fu per certo decisiva nel determinare la decadenza delle abbazie i cui abati commendatari, spesso appartenenti a potentissime famiglie italiane legate alla corte papale e, dunque, estranei per mentalità e formazione all'ambiente monastico, si limitarono a percepirne le rendite.