LA PREGHIERA NEI MONASTERI BENEDETTINI




dalla Regola di S. Benedetto:
Capitolo XVI - La celebrazione dei divini Offici durante le ore del giorno
1. "Sette volte al giorno ti ho lodato", dice il profeta. 2. Questo sacro numero di sette sarà adempiuto da noi, se assolveremo i doveri del nostro servizio alle Lodi, a Prima, a Terza, a Sesta, a Nona, a Vespro e Compieta, 3. perché proprio di queste ore diurne il profeta ha detto: "Sette volte al giorno ti ho lodato". 4. Infatti nelle Vigilie notturne lo stesso profeta dice: "Nel mezzo della notte mi alzavo per lodarti". 5. Dunque in queste ore innalziamo lodi al nostro Creatore "per le opere della sua giustizia" e cioè alle lodi, a Prima, a Terza, a Sesta, a Nona, a Vespro e a Compieta e di notte alziamoci per celebrare la sua grandezza.
Capitolo XX - La riverenza nella preghiera
1. Se quando dobbiamo chiedere un favore a qualche personaggio, osiamo farlo solo con soggezione e rispetto, 2.quanto più dobbiamo rivolgere la nostra supplica a Dio, Signore di tutte le cose, con profonda umiltà e sincera devozione. 3. compunzione che strappa le lacrime. 4. Perciò la preghiera deve essere breve e pura, a meno che non venga prolungata dall'ardore e dall'ispirazione della grazia divina.
(tratto dal sito: http://www.ora-et-labora.net/monachesimoineuropa.html)

Come recita la Regola benedettina parte integrante della vita in monastero è scandita e stabilita dalla preghiera rituale che avviene secondo le tradizioni peculiari di ciascun monastero, ma è caratterizzata da momenti comuni a tutti i monasteri. Il monaco si alza prima dell'alba, al suono della campana, e si reca in chiesa per la recita dell'ufficio notturno, che si conclude con le lodi mattutine. Al termine di questo momento riservato alla preghiera, il monaco inizia il proprio lavoro che non interrompe fino alla Messa conventuale, centro di tutta l'ufficiatura e punto culminante della vita monastica. La campana dell'Angelus indica l'ora del pranzo: nel refettorio l'Abate benedice la mensa ed il lettore che, come vuole la Regola, legge un brano di Sacra Scrittura durante il pasto. Dalla pratica della lettura ad alta voce deriva la legge del silenzio per evitare ogni diminuzione di raccoglimento. A tavola, secondo turni settimanali, i monaci si servono a vicenda. Dopo il pranzo c'è un'ora di ricreazione comune. Sembra che la ricreazione attuale dei monasteri benedettini non risalga alle origini dell'istituzione monastica, sebbene la Regola di San Benedetto assegnasse già ai monaci qualche momento giornaliero per lo scambio delle parole necessarie: in ogni caso, dal IX secolo, la ricreazione è ammessa ovunque e oggi avviene due volte al giorno, a mezzogiorno e alla sera. Al termine della ricreazione i monaci ritornano al loro lavoro. La campana della cena riunisce la comunità monastica per un pasto rapido e frugale, seguito da una breve ricreazione. Quindi il monastero si immerge nel silenzio per la compieta, la preghiera serale, ultimo gesto della giornata del monaco. L’Abate benedice i monaci e, dopo altre preghiera per i morti o alla Vergine, si tace. Da compieta all'indomani mattina, finito l'ufficio notturno, nessuno può rompere il silenzio senza un grave motivo.

LESSICO DELLA PREGHIERA IN MONASTERO

Liturgia delle ore: è la preghiera "ufficiale" della Chiesa cattolica. Essa è, secondo la stessa Chiesa, partecipazione sacramentale alla preghiera personale di Gesù Cristo: egli continua, incessantemente, a pregare e lodare il Padre nella preghiera della Chiesa. A livello di contenuti è basata sui salmi e sulla lettura della Parola di Dio. A livello strutturale si articola in varie ore canoniche. Le due ore principali sono le lodi mattutine e i vespri.
Lodi mattutine: rappresentano una delle due maggiori ore canoniche della Liturgia delle Ore della Chiesa Cattolica. Sono recitate nelle prime ore del mattino, preferibilmente non lontano dall'alba. A partire dal Concilio Vaticano II, le Lodi sono celebrate in questa forma: un breve versetto introduttivo; un inno che caratterizza ogni giorno; tre salmi di cui un salmo mattutino, un cantico dell'Antico Testamento e un salmo di lode, ognuno introdotto e seguito da un'antifona; una lettura; un responsorio breve; il cantico del Benedictus; le invocazioni per consacrare il giorno e il lavoro a Dio, concluse dal Padre Nostro; una orazione conclusiva; il congedo finale. Tutti i salmi e cantici sono chiusi dalla dossologia del Gloria.
Salterio: l'organizzazione dei 150 Salmi da parte della Chiesa cattolica in uno schema settimanale o quadrisettimanale. Esiste un salterio "aristocratico", ornato con scene davidiche a tutta pagina, e un sobrio salterio "monastico" con illustrazioni a margine delle colonne di testo. Nel cattolicesimo il salterio sta alla base della Liturgia delle ore o breviario.
Compieta: è l'ultimo momento di preghiera della giornata, è l'ora che viene dopo i vespri; è così chiamata perché compie le ore canoniche, e si recita prima del riposo notturno. L'espressione che usa il breviario latino per questa ora è ad completorium, che significa "alla chiusura", "al compimento", "alla conclusione".
Ufficio delle Letture: è una delle ore canoniche, previste dalla Liturgia delle ore, originariamente celebrata nelle ore notturne o all'alba (precedentemente era detta mattutino).
Salmo: Il libro dei Salmi (Tehilim תהילים, in ebraico) è un libro della Bibbia ebraica o Tanakh e dell'Antico Testamento nella Bibbia cristiana. Poiché il libro contiene una raccolta di inni e canti, il termine salmo può essere utilizzato in senso generale per indicare un canto religioso o un poema di lode.
Ora media: Nella Liturgia delle Ore, l'Ora Media è la preghiera da recitarsi a metà del giorno.
Vespri: sono la preghiera della sera e consistono di due parti: la salmodia, cioè il canto dei salmi, e una seconda parte con preghiere varie dette capitulum e formulæ.

I monaci non si allontanano dalla liturgia della Chiesa, ma se ne avvalgono.
La Regola di San Benedetto non ha alcuna peculiarità rispetto all’Eucaristia o al resto dei sacramenti. E’ un documento del VI secolo, quindi riflette la situazione ecclesiale del momento. Solo per quanto riguarda l’ufficio divino ha una grande originalità. Nel corso del tempo e fino ad oggi, nella Chiesa latina ci sono stati due tipi di uffici, quello monastico e l’ufficio cattedrale o clericale. L’ufficio benedettino si basa sui principi della tradizione monastica precedente, riunisce e ordina elementi liturgici. I monasteri benedettini hanno avuto fin dal loro inizio un ufficio diverso dal clero diocesano e dagli altri ordini religiosi, basandosi sulla distribuzione del salterio di San Benedetto.

La riforma dell’ufficio divino nei monasteri benedettini si basa unicamente sul Thesaurus Liturgiæ Horarum Monasticæ, preparato da e per la Confederazione Benedettina. Le quattro possibilità che i monasteri possono scegliere sono lo schema A, o della Regola; lo schema B, o Fuglister, che distribuisce il salterio in una o due settimane con criteri esegetici diversi da quelli che aveva San Benedetto nella sua epoca; più altri due schemi che hanno avuto meno successo. Alcuni monasteri hanno optato per mantenere lo schema tradizionale benedettino; alcuni hanno anche deciso di adottare la stessa liturgia delle ore romana.

Nel corso dei secoli, durante il Medioevo, i monasteri benedettini hanno mantenuto la cultura e dalle loro scuole sono sorti i personaggi della Chiesa del momento. Pensiamo ai grandi monasteri come Cluny e Saint Gall. Nel 1909, intorno al monastero belga di Mont César, iniziò il "movimento liturgico" per mano di don Lamberto Beauduin, che da sacerdote dedito al mondo operaio era diventato monaco benedettino in quel monastero. Da questo movimento liturgico si passò alla riforma liturgica alla base del Concilio Vaticano II. I monasteri benedettini sono stati centri di irradiazione spirituale e quindi liturgica; pensiamo a Solesmes (Francia), Beuron e Maria Laach (Germania), Montserrat e Silos (Spagna), Montecassino e Subiaco (Italia), Maredsous e il già citato Mont César (Belgio). Tutti questi monasteri tengono la porta aperta alla loro preghiera liturgica, perché la preghiera della comunità che vive lì sia condivisa con ospiti e visitatori che in questo modo vengono introdotti nella grande preghiera della Chiesa. Questo può considerarsi l’apostolato monastico per eccellenza. In questo modo i monasteri hanno evangelizzato, cioè dando modo ai loro ospiti di partecipare alla preghiera comunitaria.

(da un’intervista al monaco benedettino Juan Javier Flores
- preside del Pontificio Istituto Liturgico di Roma)


Annalisa AMBROSIO,
Liceo "D’Azeglio" II F



La musica nei monasteri e nella Chiesa medioevale


Con il cristianesimo la musica assume un valore spirituale che lo distingue dalla consuetudine pratica tipica degli antichi romani. Essa diventa un tramite tra officiante e divino e strumento di partecipazione collettiva durante le funzioni.
Con l’espressione "canto gregoriano" si è soliti indicare il complesso della musica sorto durante il Medioevo in ambito ecclesiastico, i cui confini si estendono dalle origini del cristianesimo sino alla polifonia umanistica. San Gregorio Magno operò una sintesi e una codificazione del canto che da lui prese il nome imponendogli una grande severità liturgica. Gregorio diede vita ad una raccolta di canti religiosi intitolata "Antiphonarius Cento" che dopo le invasioni barbariche scomparve, sebbene se ne trovino stralci in Inghilterra, Francia e Svizzera.




Nell’ambito del canto gregoriano si distinguono la salmodia, lunga recitazione che si svolge tutta su una medesima nota e il responsorio, preghiera recitata ad alta voce dal sacerdote (preacentor). Inizialmente la salmodia liturgica non pretese di essere definita una forma d’arte: si definiva mezzo di preghiera e linguaggio collettivo di recitazione. La natura del gregoriano si venne formando in risposta all’esigenza di un canto semplice, facilmente eseguibile dai fedeli inesperti d’arte. La più importante caratteristica è la "timidezza degli intervalli" e la tendenza a non allontanarsi dai comuni mutamenti di tono della voce che parla, regola mantenuta anche nella subordinazione dei valori ritmici alle leggi della parola. Riassumendo, con Massimo Mila, nel gregoriano la frase musicale si sviluppa indipendentemente da ogni coerenza razionale.
La musica giocò sempre un importante ruolo nel cristianesimo, da Sant’Agostino (che ne parla nelle Confessiones e nel De musica) a Boezio (Institutiones Musicales) e infine a Benedetto, che introdusse la musica addirittura come materia di studio nella sua Regola.

Strumenti musicali medievali


Salterio: strumento molto simile all’arpa, la cui principale caratteristica è l’avere il piano di giacenza delle corde parallelo a quello della tavola armonica. La parola latina che designava questo strumento è psalterium (termine che in greco significa "pizzicare con le dita") e fu applicato nel Medioevo a strumenti talvolta diversi per concezione costruttiva e anche per designare il Libro dei Salmi della Sacra Bibbia. Il simbolo biblico è ricorrente persino nel numero delle corde, dieci, in chiaro riferimento al Decalogo. La forma dello strumento è solitamente trapezoidale, chiara ripresa del Ganùn arabo, strumento affine e più diffuso. Per quanto riguarda la prassi esecutiva, i salteri venivano pizzicati con le dita o in alcuni casi con dei plettri, oppure venivano percossi con delle bacchette, come ancora oggi si usa per il cimbalon ungherese. Come tendenza generale, dopo il 1300, i salteri a corde percosse sembrano aver prevalso nel Nord Europa mentre i salteri a pizzico nel Sud.

Ribeca: strumento ad arco di piccola taglia e dal suono molto acuto. Provvisto di due o tre corde, è formato da una piccola cassa piriforme di legno duro che costituisce un unico corpo con il manico, sopra il quale è applicata una tastiera. La tavola armonica è provvista di due fori di uscita del suono, a forma di C o di semicerchio. Fu uno strumento di notevole importanza per la diffusione in ambienti diversi da quelli in cui nacque e presso vari strati sociali. Per esempio nel Decameron di Giovanni Boccaccio il buon Calandrino, con gran diletto di tutta la brigata, accompagna con la ribeca il proprio canto riuscendo ad "aggratigliare" il cuore della bella Niccolosa: "tu mi ha aggratigliato il cuore con la tua ribeca" (IX,5). Passando dal campo letterario a quello popolare si può citare la leggenda di Santa Caterina d’Alessandria, primo riferimento in lingua volgare, risalente all’inizio del XIV secolo, dove è richiesto di "saper sonare una rubeca bene e dolcemente".


Santo musicante

Parma, Battistero, Rilievo


Riferimenti al Canto nella Regola benedettina
Capitolo XVIII - L'ordine dei salmi nelle ore del giorno
12. Il Vespro poi si celebri ogni giorno con il canto di quattro salmi

"Vespera autem cotidie quattuor psalmorum modulatione canatur"




FONTI: www.harmoniae.com
Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi

Andrea ALBERTI, Annalisa AMBROSIO,
Liceo Classico "D’Azeglio", II F

La giornata nel monastero

È appena suonata mezzanotte. Nella penombra piena di preghiera alcuni uomini si dirigono verso il coro della chiesa, camminando silenziosamente con le loro pantofole. La lunga giornata del monaco è appena cominciata. Ora dopo ora, scorre al ritmo del mattutino e delle lodi, di prima, di terza, di sesta, di nona, dei vespri, di compieta.
È impossibile stabilire l'uso del tempo di un religioso. Innanzitutto a causa dell'imprecisione dei dati forniti dal Medio Evo, assai meno sensibile di noi al significato del tempo e a un suo calcolo preciso. In secondo luogo perché l'orario differisce da un ordine all'altro, da una congregazione all'altra: nel tempo e nello spazio. Infine, perché nello stesso monastero esso varia secondo le stagioni climatiche e liturgiche. Potremmo dunque moltiplicare senza fine gli esempi. Ci accontenteremo di dare, riferendoci all'opera di padre Cousin, un orario valido per l'ordine cluniacense all'epoca degli equinozi cioè durante la prima quindicina d'aprile - inizio del tempo pasquale - e durante la seconda quindicina di settembre.

Verso mezzanotte e mezzo Vigilia (attuale mattutino);
(in media)
verso le ore 2.30 Riposo;
verso le ore 4 Sul far del giorno, mattutino (attuali lodi);
verso le ore 4.30 Riposo;
verso le ore 5.45 Levata definitiva (con il sole),toeletta;
prima delle ore 6 Messa privata (dal 23 settembre all'I novembre);
verso le ore 6 Prima;
verso le ore 6.30 Capitolo (riunione della comunità);
a) parte liturgica: preghiere, seconda parte di prima; lettura di un capitolo della regola o del Vangelo del giorno con commento dell'abate o, in sua assenza, del priore;
b) arte amministrativa: redazione dei compiti da parte degli incaricati dalla comunità; informazione da parte dell'abate degli affari di casa;
c) parte disciplinare: accusa dei monaci che hanno commesso delle infrazioni una volta in settimana, da loro stessi o da parte dei loro fratelli: è il capitolo delle colpe;
verso le ore 7.30 Messa mattinale alla quale la comunità assiste al completo;
dalle ore 8.15 alle 9 Messe private: è il momento normalmente previsto per la loro celebrazione dalla festa di Ognissanti a Pasqua e da Pasqua al 13 settembre; altrimenti lavoro;
dalle ore 9 alle 10.30 Terza seguita dalla Messa conventuale;
dalle ore 10.45 alle 11.30 Lavoro;
verso le ore 11.30 Sesta;
verso le ore 12 Pasto (prandium);
dalle ore 12.45 alle 13.45 Riposo pomeridiano;
dalle ore 14 alle 14.30 Nona;
dalle ore 14.30 alle 16.15 Lavoro nel giardino d'estate, all'interno o allo scriptorium d'inverno e nei giorni di tempo cattivo;
dalle ore 16.30 alle 17.15 Vespri;
dalle ore 17.30 alle 17.50 Pasto leggero {cena) salvo i giorni di digiuno;
verso le ore 18 Compieta;
verso le ore 18.45 Riposo.

Dopo la compieta, un monaco deve fare il giro degli edifici, una lanterna (lucubrum) accesa (in inverno) in mano, perché lo si possa riconoscere. Deve ispezionare (scrutinium faciat) uno a uno gli edifici, il parlatorio, il coro, la dispensa, il refettorio, l'infermeria e chiudere le porte di uscita: timore del fuoco, dei ladri, volontà di evitare che dei fratelli escano...