Forse anche per il retore gli schemi e le regole non
sono gabbie ma reti di sostegno, pergole sulle quali il processo creativo
ramifica e si espande, genera tralci e viticci; forse anche per lui le parole
si legano in "circuiti" che trascinano l'uditorio. Per lo meno, è quanto
auguriamo al nostro ipotetico oratore, che ormai, giunto al termine del viaggio
sulla macchina retorica, si appresta a pronunciare in pubblico il suo
discorso.
NOTE
[i] R. Barthes,
op. cit., pp. 55-57. Roland Barthes,
La retorica antica, tr. it. di Paolo
Fabbri, Milano, Bompiani, 1972, pp. 56-57 (
L'ancienne
rhétorique, 1970).
[ii] Roland
Barthes,
op. cit., p. 59. Un
cambiamento di significato altrettanto illuminante di una diversa impostazione
culturale si ha per il termine
auctor
nel latino medievale e nell'italiano. Per noi l'
autore è il creatore dell'opera, per i medievali
auctor era colui che era dotato di
auctoritas.
[iii] Dal
Traité des Tropes (1730) citato da
Roland Barthes,
op. cit., p. 75.
[iv] Chaïm
Perelman - Lucie Olbrechts-Tyteca,
op.
cit., p. 89.
[v] G.B.Vico,
De nostri temporis studiorum ratione,
ed. Ferrari, vol. II, trad. Corsano, p. 38.
[vi]
Chaïm Perelman - Lucie Olbrechts-Tyteca,
Trattato
dell'argomentazione - La nuova retorica, Torino, Einaudi, 1966, tr. it. di
Carla Schick e Maria Mayer, p. 21 (
Traité
de l'argumentation. La nuovelle rhétorique, Presses Universitaires de
France, 1958).
[vii] Chaïm
Perelman - Lucie Olbrechts-Tyteca,
op.
cit., p. 21.
[viii] Chaïm
Perelman - Lucie Olbrechts-Tyteca,
op.
cit., p. 21.
[ix] Roland
Barthes,
op. cit., p. 88.
[x] Roland
Barthes,
op. cit., p. 84.
[xi] Nel
linguaggio giuridico attuale si parla di "prove" in due accezioni: con la prima
si allude a un risultato, con l'altra a uno strumento. È prova ciò che si
assume come dimostrazione dell'esistenza e/o di determinate modalità di un
accadimento o di una situazione (prova come "fatto rappresentato"), ma si dice
prova anche il "fatto rappresentativo", ossia il mezzo di cui ci si serve per
ottenere quella dimostrazione. Nel primo significato la prova è concepita come
un'entità inscindibile di "elementi": solo dal concorso di una pluralità di
dati si trae la "prova" in senso pieno. Sono "fonti di prova" le persone o le
cose da cui la prova può essere tratta.
Si distingue inoltre fra:
·prova in senso stretto: prova storico-rappresentativa o
diretta (dà la rappresentazione propria del fatto da provare);
·indizio: prova logica o critica o indiretta (fornisce
la rappresentazione di un fatto diverso da quello da provare, al quale si può
risalire dal primo mediante ulteriori mediazioni logiche).
I mezzi di prova
idonei a fornire al giudice risultanze probatorie direttamente utilizzabili
sono: testimonianza, esame delle parti, perizia, confronti, ricognizioni,
esperimenti giudiziali, documenti.
I mezzi di
ricerca della prova, che non costituiscono di per sé fonti di
convincimento, ma svolgono una funzione servente rispetto ad entità dotate di
attitudine probatoria, sono: ispezioni e perquisizioni, sequestro probatorio,
intercettazione.
[xii] Roland
Barthes,
op. cit., p. 63.
[xiii] Roland Barthes, op. cit., p. 68.
[xiv] Roland
Barthes,
op. cit., p. 87.
[xv] Roland
Barthes,
op. cit., p. 88.
[xvi] L'arte
della
dispositio può essere
paragonata ai concetti narratologici di intreccio e
fabula: il primo è l'ordine degli eventi così come si presentano
nel testo narrativo (con
flash-backs,
prolessi...), la seconda è l'ordine cronologico-causale che gli eventi avrebbero
nella "realtà". È ovvio che l'ancicipazione o la posticipazione di elementi
della narrazione influisce sulla percezione che il lettore ha dell'evento
raccontato.
[xvii] Chaïm
Perelman - Lucie Olbrechts-Tyteca,
op.
cit.,p. 514.
[xviii] J.M.
Lotman,
La struttura del testo poetico,
tr. it. di E. Bazzarelli, E. Klein e G. Schiaffino, Milano, Mursia, 1976, p.
256 (
Struktura chudožestvennovo teksta,
Mosca, Iskusstvo, 1970).
[xix] Roland
Barthes,
op. cit., p. 92.
[xx] Roland
Barthes,
op. cit., p. 91.
[xxi] Tornando
alla già citata distinzione fra
fabula e
intreccio, si può dire che la prima corrisponde all'
ordo naturalis, il secondo all'
ordo
artificialis.
[xxii] Heinrich
Lausberg,
Elementi di retorica, tr.
it. di Lea Ritter Santini, Bologna, Il Mulino, 1969 (
Elemente der literarischen Rhetorik, München, 1967).
[xxiii] Adriano
Pennacini,
L'arte della parola, in
Forme del pensiero, Alessandria,
Edizioni dell'Orso, 2002, pp. 360-361 (originariamente pubblicato su Lo
spazio letterario di Roma antica, Roma
1988, vol. II)
[xxiv]
Riprendiamo il termine, in uso anche in altri modelli funzionali del
linguaggio, dalla già citata analisi di Jakobson (vedi sopra nota viii).
[xxv] Roland
Barthes,
op. cit., p. 100.
[xxvii] Roland
Barthes,
op. cit., p. 101.
[xxix] G.
Genette,
Figure - Retorica e
strutturalismo, tr. it. di F. Madonia, Torino, Einaudi, 1969, p. 189 (
Figures, Paris, Editions du Seuil,
1966).
[xxx] Gruppo
μ,
Retorica generale - Le figure
della comunicazione, tr. it. di M. Wolf, Milano, Bompiani, 1976, p. 30 (
Rhétorique generale, Paris, Librerie
Larousse, 1970).
[xxxi] Molti
vocaboli usati per parlare della
compositio
sono ripresi dal linguaggio della musica e della poesia:
vox,
sonus,
numerus,
modus, pes, cantus...
[xxxii] Il
cretico è un piede formato da una sillaba lunga, una sillaba breve e un'altra
lunga; il peonio è un piede formato da tre sillabe brevi e una lunga; lo
spondeo è un piede formato da due sillabe lunghe; il docmio è un piede formato
da cinque sillabe.
[xxxiii] Il
dicoreo è un piede formato da due corei o trochei (un coreo o trocheo: una
sillaba lunga e una breve).
[xxxiv] R.
Barthes,
op. cit., p. 108.
[xxxv] Questa
notazione di Quintiliano è confermata dall'etimologia dei "deittici" (i pronomi
o gli avverbi che rimandano al contesto di riferimento, come se si indicasse
con il dito).
[xxxvi] Com'è
noto, nell'ultima parte del
Fedro
Socrate racconta a Fedro la leggenda del dono della scrittura agli Egizi da
parte del dio Theuth, inventore dei numeri, del calcolo, della geometria,
dell'astronomia, del gioco del tavoliere e dei dadi, e infine delle lettere
dell'alfabeto. Theuth dice al faraoneThamus (forse da indentificarsi col dio
Ammone): "Questa scienza, o re, renderà gli Egiziani più sapienti e arricchirà
la loro memoria perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la
memoria". Ma Thamus replica: "L'alfabeto [...] ingenererà oblio nelle anime di
chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi
dello scritto richiameranno alla mente non più dall'interno di se stessi, ma
dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una
ricetta per la memoria ma per richiamare alla mente. Né tu offri vera sapienza
ai tuoi scolari, ma ne dai solo l'apparenza perché essi, grazie a te, potendo
avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d'essere
dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una
sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti." (
Phaedr.274e, 275a. Tr. it. di P.Pucci).
[xxxvii]
Prima della scrittura, la lingua era
solo parlata: dunque il messaggio linguistico era affidato alla comunicazione
diretta,
hic et nunc, e limitato nel
tempo e nello spazio; la scrittura fu una prima "rivoluzione", che permise ai
messaggi di permanere nel tempo e nello spazio oltre il momento della loro
emissione; grazie alla stampa, la seconda "rivoluzione", la diffusione dei
testi scritti si moltiplicò in modo potenzialmente illimitato; la terza
"rivoluzione", il computer, permette non solo la diffusione illimitata, ma
anche la modificazione e il trattamento dei testi, nonché la loro conservazione
in banche-dati virtuali, che potrebbero portare un giorno a un cambiamento
totale del nostro modo di considerare il libro.
[xxxviii] Oggi
si assiste a una parziale reviviscenza della mnemotecnica in corsi per
manager, studiosi, attori; si tratta
però di un fenomeno ancora poco diffuso, e dai costi per lo più proibitivi.
[xxxix] Potere
riconosciuto da molte culture: basti pensare al mitico Orfeo, che con la sua
arte sapeva addirittura ammansire gli animali, al cieco Omero (nel quale, come
in molti profeti, alla cecità fisica fa da contraltare la potenza dell'"occhio"
interiore) o ai poeti
vates della
Roma arcaica.